Il furto del grande dinosauro è un vertiginoso galop eroicomico tutto scene madri e risvolti imprevedibili, che coinvolgono pappagalli nevrotici e funzionari stizzosi, milionari vagabondi, rompiscatole integrati, poliziotti hippy e bebè ventiseienni. Un libro che sparge festoso vetriolo sulla raffinata assurdità dei rapporti genitori-figli tra i beati possidentes americani, sullo zero settismo imperante, in politica e non, e in particolare sulla grande calamità dei nostri giorni, l’autolavaggio del cervello, visto attraverso lo strepitoso duetto comico tra un capo spia tiranno e balordo, che consulta le citazioni di Mao anche per starnutare, e il suo vice, armato di cervello pensante che lo pilota sarcasticamente a sua insaputa, sulle vie dell’aborrito buon senso. La vicenda succosamente scarna, corre sul filo costante di una risata, solforica ma senza veleno, anzi felicemente costruttiva. Questo perchè non perda mai di vista l’intrinseca umanità dei personaggi e ci permetta di amarli tutti, anche i più furiosi scocciatori.La stranezza che li rende così francamente spassosi non è che la loro verità profonda, spogliata dai camuffamenti del vivere civile...

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